
Il tempo stringe. Secondo uno studio internazionale guidato dall’Università di Leeds, pubblicato sulla rivista Earth System Science Data, abbiamo meno di tre anni per evitare gli effetti più gravi del cambiamento climatico. È in questo scenario che il concetto di budget climatico diventa cruciale: un parametro che misura quanto carbonio possiamo ancora emettere prima di superare la soglia critica di 1,5°C. Non è un’ipotesi, è una scadenza. E riguarda tutti noi.
Che cos’è il budget climatico
Il budget climatico è il limite massimo di gas serra che possiamo ancora emettere a livello globale per avere una possibilità ragionevole di mantenere l’aumento della temperatura media terrestre al di sotto di una certa soglia – in questo caso 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.
Immaginalo come un conto corrente di CO₂: ogni giorno che passa, ogni fabbrica accesa, ogni auto che brucia carburante, ogni ettaro di foresta abbattuto, rappresenta un prelievo da questo conto. Una volta raggiunto il limite, superare 1,5°C diventa praticamente inevitabile.
Secondo l’ultimo aggiornamento degli scienziati del Global Carbon Project, il budget residuo a inizio 2024 era di circa 130 miliardi di tonnellate di CO₂. Un dato che fa tremare i polsi, se pensiamo che solo nel 2023 abbiamo emesso 53,6 miliardi di tonnellate di gas serra. Il conto, insomma, sta finendo in fretta.
Cosa dice la scienza: i dati del 2024
Nel corso del 2024, la temperatura globale ha già raggiunto una media annua di 1,52°C sopra i livelli preindustriali. È la prima volta che accade su un periodo così esteso, e gli scienziati sottolineano come 1,36°C di questo aumento siano direttamente attribuibili alle attività umane.
Non si tratta di una fluttuazione casuale, ma della conferma che l’impatto dell’uomo sul clima è profondo, continuo e in crescita.
La misurazione non include solo l’anidride carbonica, ma anche altri gas serra come metano (CH₄) e protossido di azoto (N₂O), che contribuiscono in modo significativo all’effetto serra. Tuttavia, la CO₂ resta la protagonista, con le sue emissioni legate in gran parte ai combustibili fossili.

Perché rischiamo di superarlo entro il 2028
Con il ritmo attuale, gli esperti calcolano che il budget climatico globale verrà esaurito entro il 2028. Questo significa che, se non cambiamo rotta in modo drastico e immediato, potremmo condannarci a un riscaldamento permanente ben oltre il grado e mezzo.
Perché 1,5°C è una soglia tanto importante? Perché oltre quel limite, gli scenari diventano esponenzialmente più gravi:
- eventi climatici estremi più frequenti e intensi
- ondate di calore letali in diverse regioni del mondo
- perdita irreversibile di ecosistemi come le barriere coralline
- siccità cronica in molte aree agricole
- instabilità politica ed economica alimentata da crisi ambientali
E mentre il budget climatico si assottiglia, molti governi continuano a investire in progetti fossili, a rimandare l’eliminazione dei sussidi dannosi, a puntare su promesse future invece di azioni concrete ora.
L’Europa fa progressi, ma non basta
L’Unione Europea ha ridotto le proprie emissioni del 31% rispetto ai livelli del 1990, grazie a politiche energetiche più sostenibili, alla crescita delle rinnovabili e alla transizione industriale.
Un risultato incoraggiante, ma che non può compensare l’aumento delle emissioni in altre regioni del pianeta. In particolare in Asia, Medio Oriente e America Latina, le emissioni continuano a salire, spinte dalla dipendenza dal carbone e dalla crescita dei consumi.
Il budget climatico, però, è globale, non europeo. Ecco perché ogni tonnellata conta, ovunque venga emessa.

Cosa possiamo fare, adesso
Il concetto di budget climatico ha il merito di rendere tangibile ciò che per troppo tempo è stato percepito come vago e lontano: l’urgenza della crisi climatica. Non è più solo una questione morale o politica, ma una questione matematica, come ha ricordato la climatologa Corinne Le Quéré: ogni giorno che passa senza ridurre le emissioni, è un pezzo di futuro che se ne va.
E allora cosa possiamo fare, concretamente, come cittadini, imprese e istituzioni?
- accelerare la decarbonizzazione, investendo subito in energie rinnovabili, mobilità sostenibile, edilizia efficiente;
- eliminare i sussidi ai combustibili fossili, che nel 2022 hanno superato i 7mila miliardi di dollari nel mondo;
- promuovere una cultura della sobrietà energetica, imparando a consumare meno, meglio, con consapevolezza.
- fare pressione politica, chiedendo obiettivi più ambiziosi, vincolanti, misurabili.
- …e agire localmente, perché ogni città, ogni quartiere, ogni comunità può diventare parte attiva della soluzione.
Il budget climatico non è un’ipotesi da discutere o una previsione da aggiornare tra qualche anno: è una scadenza concreta, misurabile, ineludibile. E con la fisica non si negozia. Non esistono scorciatoie retoriche, né slogan capaci di comprare tempo. Nemmeno le conferenze più ambiziose possono rallentare il conto alla rovescia, se non sono seguite da azioni reali.

Ci restano tre anni – forse meno – per restare sotto la soglia critica di 1,5°C. È poco, ma può ancora bastare.
A patto che si affronti il problema a livello globale e si lavori insieme.
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