Ikea e le foreste vetuste: il legno dei Carpazi finisce nei mobili?

C’è un profumo di bosco antico dietro alcuni mobili Ikea? Secondo Greenpeace sì, e non è una buona notizia. L’associazione ambientalista ha puntato il dito contro la catena di approvvigionamento della multinazionale svedese, sostenendo che parte del legno usato nei suoi prodotti proverrebbe da alcune delle ultime foreste vetuste d’Europa, quelle dei Carpazi romeni. Ikea nega con fermezza, ma il dubbio rimane: possiamo davvero fidarci delle certificazioni quando si tratta di biodiversità?

Foreste vetuste in pericolo: cosa succede nei Carpazi
L’inchiesta di Greenpeace: il legno delle foreste antiche diventa arredo

Greenpeace Europa Centro-Orientale ha condotto un’indagine sul campo, documentata nel report Assemble the Truth: Old-growth forest destruction in the Romanian Carpathians (Greenpeace CEE, aprile 2024), che denuncia come sette produttori rumeni, fornitori di Ikea, siano legati all’abbattimento sistematico di foreste vetuste nei Carpazi, inclusi siti Natura 2000. Le specie interessate includono alberi ultracentenari, habitat critici per orso bruno, lupo, lince e bisonte europeo.
Nei negozi Ikea di 13 Paesi — Italia inclusa — sono stati identificati oltre 30 prodotti legati a questo tipo di legname.

La posizione di Ikea: “Nessuna violazione, tutto certificato FSC”

Ikea ha reagito sottolineando che non usa legno proveniente da foreste vetuste, secondo le definizioni dello standard nazionale rumeno e del FSC, che prende in considerazione l’età degli alberi, la biodiversità, il legno morto, l’intervento umano e altri fattori . L’azienda insiste che tutto il legno sia certificato secondo standard FSC e conforme ai suoi codici interni (IWAY), con audit continui.

Il problema delle certificazioni è che legalità non significa sempre sostenibilità. Greenpeace contesta infatti che l’FSC, pur riconosciuto a livello internazionale, non garantisca protezione reale delle foreste vetuste, creando zone grigie dove cose legalmente conformi ma ecologicamente devastanti si mascherano da “legittime”. Per l’associazione, le certificazioni sono insufficienti: serve una esclusione totale del legno vetusto da ogni filiera aziendale e una protezione dell’UE più efficace.
Certificazioni più chiare ed efficaci aiuterebbero anche le aziende come Ikea, che investono nella sostenibilità e nella tracciabilità della filiera. Quando mancano standard rigorosi e controlli indipendenti, a rimetterci è anche chi cerca di fare le cose per bene. Eventi come questo, infatti, minano la fiducia dei consumatori e compromettono la credibilità conquistata nel tempo dalle aziende.

Perché le foreste dei Carpazi contano per tutti noi

Le foreste dei Carpazi non sono solo un patrimonio naturale della Romania: sono un baluardo europeo di biodiversità, uno degli ultimi esempi rimasti di ecosistemi forestali intatti, simili per struttura e funzione alle antiche foreste primarie. Rappresentano circa il 70% delle foreste vergini ancora presenti in Europa, un dato impressionante se si considera che la maggior parte dei Paesi europei ha visto scomparire questi ambienti già dalla rivoluzione industriale.

Cosa rende queste foreste così importanti? Innanzitutto il loro ruolo ecologico: si tratta di sistemi complessi e maturi, che offrono rifugio a una quantità straordinaria di specie animali e vegetali. Tra i loro alberi secolari trovano casa orsi bruni, lupi, linci, uccelli rari e il maestoso bisonte europeo, simbolo di un’Europa ancora selvatica e resiliente. Ogni albero, ogni tronco caduto lasciato a decomporsi naturalmente, è parte di un equilibrio che si è formato in secoli di evoluzione.

…non è solo una questione di fauna!

Le foreste vetuste sono tra i migliori strumenti naturali che abbiamo per contrastare il cambiamento climatico: catturano enormi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera e la stoccano nel suolo e nella biomassa, contribuendo a stabilizzare il clima. Secondo diversi studi, le foreste primarie immagazzinano più CO₂ rispetto alle piantagioni gestite o ai boschi frammentati. Tagliarle significa rilasciare nell’atmosfera carbonio immagazzinato da secoli, accelerando l’effetto serra.
E non finisce qui: le foreste antiche regolano anche il ciclo dell’acqua, proteggono il suolo dall’erosione, mantengono il microclima locale e forniscono risorse ecosistemiche fondamentali per le comunità locali. In altre parole, sono una riserva di vita e di stabilità ecologica.
Purtroppo, negli ultimi vent’anni, la Romania ha perso oltre il 50% delle sue foreste vetuste, un ritmo che oggi equivale a cinque campi da calcio abbattuti ogni ora, secondo Greenpeace. Una deforestazione che avviene spesso in modo legale, ma profondamente insostenibile, e che va contro gli impegni europei per la biodiversità. Se non proteggiamo questi ultimi bastioni naturali, perdiamo molto più di qualche ettaro di bosco: perdiamo la possibilità di un futuro vivibile.
Per questo è fondamentale che sia le istituzioni che i giganti del mercato – come Ikea – assumano un ruolo guida, non solo nel rispettare gli standard minimi, ma nel alzare l’asticella della tutela ambientale, rendendo la salvaguardia delle foreste vetuste una priorità indiscutibile.

Il potere di una scelta consapevole

La sedia su cui sei seduto, il tavolo dove pranzi, la libreria che riempie il salotto: tutto ha una storia. E spesso quella storia comincia in un bosco, magari a migliaia di chilometri da qui. Per questo servono regole chiare, aggiornate e condivise, che aiutino le aziende a orientarsi davvero verso una sostenibilità concreta e misurabile.
L’Europa, in questo, sta facendo passi importanti: con la Strategia per la Biodiversità, il Green Deal, e gli obiettivi di protezione al 2030, si sta affermando come uno dei riferimenti più avanzati al mondo nella tutela del patrimonio naturale. Ma per tradurre questi obiettivi in realtà servono strumenti operativi precisi, definizioni condivise, controlli indipendenti. Perché solo così si può dare alle imprese la possibilità di programmare scelte coerenti, investire con lungimiranza e comunicare con trasparenza.
E a tenere insieme tutto questo c’è chi acquista. Tu. Le tue scelte contano eccome. Ogni volta che chiedi da dove viene quel legno, ogni volta che cerchi un’etichetta o preferisci un prodotto fatto con materiali certificati, stai mandando un segnale al mercato. Non serve essere attivisti: basta essere curiosi e attenti.

La buona notizia è che il cambiamento non parte dall’alto, ma si alimenta ogni giorno — anche nel piccolo. E sì, può cominciare proprio da lì: dal prossimo mobile che porterai in casa.

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